venerdì 25 giugno 2010

Le Sue Misure

Era alto 1,60, perciò un non devoto direbbe “piuttosto piccolo”. I suoi discepoli per la maggior parte, erano più alti di Lui. Ma non pensavano affatto che fosse piccolo. Se vedevamo dei giornalisti descriverlo come piccolo, per noi non aveva senso. Era ovviamente un difetto visivo dei non devoti. (Il suo servitore disse una volta, “per essere qualcuno che si suppone sia piccolo, prende tutta la tua energia nel massaggiargli la schiena. Non riesco a capirlo”). La misura delle scarpe era la 42, quella del suo maglione intorno alla 42. Le palme delle sue mani erano soffici, con linee ben definite, e lunghe, precise linee della vita.
Dovuto al fatto che Prabhupada era più basso dei suoi discepoli si manifestò in loro come un desiderio di protezione. Volevamo essere sicuri di proteggerlo perchè era così grande, così prezioso, il nostro maestro spirituale. In compagnia dei karmi o dei devoti egli era regale mentre camminava con la sua canna, per niente un “piccolo” o “vecchio” uomo. Senza considerare la sua statura, tutti si avvicinavano rispettosamente a Prabhupada, sottomettendosi a lui. Prabhupada era anziano ed era un gentiluomo, ed era quasi sempre trattato in questo modo, con molto rispetto. Poiché quando parlava era molto raffinato e corretto, egli stesso proclamava la sua missione spirituale attraverso ogni sua azione, e la gente poteva vederlo da sé.
Di solito Prabhupada era accompagnato dai suoi discepoli occidentali che lo glorificavano costantemente e questo faceva molta impressione. Non era solo, andava con i suoi servitori, e se lui sembrava piccolo, controllava altri che erano alti, perciò egli era più alto di loro. Aveva forza; egli diceva che la sua mente era forte. Il suo viso non era piccolo, né lo erano il suo aristocratico naso e la piena bocca; i suoi occhi erano molto grandi. Di nuovo questo contraddiceva l'idea del “piccolo uomo”. Era santo, un sadhu, non piccolo. Non sedeva come se fosse piccolo. La sua voce era profonda, poteva essere aspra, sonora, autorevole-non piccola. Il suo controllo di uomini grossi e robusti come Brahmananda, Jayapataka e Bhavananda era completo. La sua parola, l'alzare delle sue sopracciglia, o il movimento della sua bocca potevano umiliarli totalmente o spingerli di corsa all'azione. E scrisse così tanti libri. Non era piccolo. Ma se voleva, poteva essere come un bambino, e tu dovevi occuparti in tutto  e per tutto di lui; questo era il suo amore.

giovedì 3 giugno 2010

Sull'origine dell'Entità Vivente


"La prossima domanda, a proposito dell'entità vivente è: cadere in questo mondo materiale e non dal Brahman impersonale. Anche l'esistenza nel Brahman impersonale è nella categoria di non coscienza di Krishna. Anche coloro che sono nell'effulgenza del Brahman sono in una condizione caduta  , per cui non c'è questione di cadere da una condizione caduta. Quando c'è una caduta, significa caduta da una condizione non caduta. La condizione non caduta è la coscienza di Krishna. Finchè uno può mantenere una pura coscienza di Krishna, non è caduto. Appena è fuori dalla coscienza di Krishna, è caduto. Non importa dove sia l'entità vivente. Anche nel mondo materiale ci sono differenti gradi di condizione di vita e anche rimanere nell'effulgenza Brahman è un'altra fase della condizione caduta. Proprio come si afferma nella Bhagavad Gita che le anime condizionate sono elevate ai sistemi planetari superiori grazie alle loro attività pie, ma non appena la loro riserva di attività pie è finita ritornano di nuovo giù sul pianeta terra. Allo stesso modo, coloro che sono elevati più in là dei sistemi planetari all'effulgenza Brahman, sono anch'essi inclini a cadere così come un'entità vivente cade da un sistema planetario superiore".


Lettera del  13 giugno 1970

Il Suo Silenzio

Poteva cominciare una passeggiata mattutina in silenzio, e poi romperlo. Ancora più impressionante era il suo silenzio in risposta a qualcosa che tu dicevi. Un discepolo poteva fare una domanda e ottenere un lungo silenzio. Una donna di Cleveland, un po' singolare, entrò una volta nella stanza di Prabhupada con alcuni dei suoi parenti e si sedette in Sua presenza per un lungo periodo di tempo mentre nessuno parlava per niente.Più tardi confidò che tutti loro pensavano che Prabhupada stesse facendo qualcosa di mistico, che per loro non ci fosse bisogno di parlare, e che egli stesse reciprocando stando lì seduto senza parlare, nonostante il considerevole lasso di tempo trascorso. Con il suo servitore poteva viaggiare lunghe distanze senza parlare. Una volta, durante un lungo viaggio dalla Germania all'Australia rimase silenzioso e disse solo poche cose. (Quando l'aereo atterrò in Australia , Prabhupada disse che qui in Australia era verde e là in Germania era verde, perciò come possono sostenere che non c'è vita sulla luna e sugli altri pianeti?) Alcuni dei suoi commenti erano accompagnati da lunghi silenzi. Talvolta ci puniva o ci interrogava attraverso i Suoi silenzi, e diventavano così intensi che non li potevamo sopportare. E non potevi penetrare il Suo silenzio. La qualità della gravità si spiega come segue ne Il Nettare della Devozione: “E' definito grave colui che non rivela il suo pensiero a chiunque, o la cui attività mentale e piani d'azione sono molto difficili da capire.” E voleva stare tranquillo nella Sua stanza. Non sopportava i
rumori. Svegliava i Suoi servitori per scacciare i cani che abbaiavano per la strada, specialmente al mattino presto quando era impegnato nella traduzione. Ed inviava fuori i Suoi servitori a scoprire l'origine di strani rumori nell'edificio o nelle vicinanze. Durante le Sue conferenze e le Sue lezioni, scopriva il minimo rumore e chiedeva che si smettesse. Una porta sbattuta gli rompeva il cuore, disse -e le sirene a New York, i camion delle immondizie, i cani, il picchiettare negli edifici in costruzione in India- ma poteva tollerare tutto questo. Ma per Prabhupada il vero silenzio fu il fatto che non disse mai nessuna stupidaggine Poteva parlare senza fine di Krishna. Talvolta senza riflettere, un invitato diceva qualche sciocchezza mondana, e Prabhupada rimaneva in silenzio tollerando. Ma era innaturale vedere Prabhupada silenzioso in presenza di un'altra persona, perché Prabhupada era quello che doveva parlare. Aveva la conoscenza assoluta, e tutti gli altri dovevano starsene in silenzio per lasciarlo parlare, se parlare era il desiderio di Prabhupada. Parlava per soddisfare il desiderio di Krishna e i nostri desideri. Parlò per dovere, per amore, per lo spirito di predica.

lunedì 31 maggio 2010

Il Servizio in Separazione


"Il nostro incontrarsi e separarsi nel mondo materiale è come lo scorrevole flusso del fiume. Nel fluire del fiume, tanti differenti oggetti galleggianti si incontrano insieme, e con la corrente di nuovo sono separati dal movimento delle onde. Questo è esattamente il modo di vita materiale. Ma la nostra separazione, sebbene sembri proprio quella materiale, è completamente differente. Nel mondo spirituale la separazione si gusta più che l'incontro. In altre parole, nella vita spirituale non c'è separazione. La separazione è eterna, ed anche l'incontro è eterno. La separazione è semplicemente un’altro aspetto dell'incontro."

 Lettera del 3 Aprile 1969

sabato 29 maggio 2010

"Bisogna avere una testa fredda..."


Una sera, nel Bhaktivedanta Manor a Londra, Srila Prabhupada era seduto nella sua stanza con i suoi discepoli e qualche invitato,tra questi una giornalista venuta a intervistare Srila Prabhupada. Nonostante la gelida estate inglese, la giornalista indossava una corta minigonna. Fin dalle sue prime domande rivelò la sua attitudine scettica,quasi cinica, verso il movimento Hare Krishna. Come al solito, Srila Prabhupada rispondeva alle sue domande in modo esperto e disinvolto. In qualche modo esasperata e in umore di sfida tirò fuori la vecchia domanda, “Perchè voialtri avete le teste calve?” Srila Prabhupada immediatamente ribattè, “Perchè tu hai le gambe nude?” Lei rimase senza parole. Allora Srila Prabhupada continuò, “Meglio avere le gambe al caldo e la testa al fresco”. Tutti risero deliziati, inclusa la giornalista. Prabhupada aggiunse, “Bisogna avere una testa fredda per capire questa filosofia della coscienza di Krishna”.

sabato 9 gennaio 2010

Piccole Gocce di Nettare


Nel 1967, a San Francisco, Srila Prabhupada elevò gradualmente gli standards dei suoi discepoli. La maggior parte di loro non erano altro che hippies e se la spassavano mangiando e cantando nel locale che ora fungeva da tempio. In prossimità del tempio c'era una gelateria e, in fondo alla strada, si trovava una pasticceria, entrambe frequentate dai devoti. A meno che non ci fosse una funzione specifica nel tempio, molti devoti si potevano trovare in uno dei due locali. Perciò, quando Prabhupada scendeva dal suo appartamento, talvolta passava molto lentamente davanti alla gelateria per vedere se qualche discepolo fosse là. Poi andava fino alla pasticceria e anche lì guardava dalla finestra. I "devoti" erano capaci perfino di scivolare giù dalle sedie per non farsi scoprire quando Srila Prabhupada guardava dentro. Più di una volta, durante la lezione serale, Srila Prabhupada menzionò che i devoti non vanno a mangiare nelle gelaterie nè si ingozzano nelle pasticcerie; i devoti mangiano solo il prasadam di Krishna. Fin dal primo momento della sua predica in America, Prabhupada incoraggiò costantemente i suoi devoti a partecipare all'estasi devozionale di cantare e danzare. Durante le passeggiate mattutine chiedeva talvolta ad ogni devoto "Hai cantato ieri sera?" riferendosi al kirtana in congregazione nel tempio. "Ci ho provato, ma non c'era spazio", rispose un devoto.
"No, perchè avevo paura di mettermi a piangere", disse Gargamuni. Senza dubbio, tali risposte da parte dei suoi discepoli rispecchiavano le emozioni del neofita, però Prabhupada replicava seriamente.
"Quando sei tra gente ordinaria", disse, "allora non devi piangere, perchè non capirebbero. Ma quando stai con i devoti, puoi piangere, perchè i devoti sanno che stai piangendo per krishna".
E Prabhupada stesso dimostrò questo pianto.
Una volta, durante il programma della festa della domenica, i devoti misero in scena il dramma di Mrgari liberato da Narada Muni. Visnujana dasa faceva la parte di Narada, e quando recitò alcuni versi da "Le preghiere al Maestro Spirituale", tutti poterono notare uno scintillio nell'angolo dell'occhio di Prabhupada. Dopo che Prabhupada uscì dal tempio, molti devoti commentarono: "Hai visto il diamante nell'occhio di Prabhupada?". Il servitore di Srila Prabhupada stava passando un periodo difficile nel controllare i suoi sensi, perciò chiese a Prabhupada che gli prescrivesse una dieta speciale. Quando si sparse la voce che Prabhupada aveva raccomandato una dieta speciale, un altro devoto avvicinò Prabhupada per un simile trattamento.
"Prabhupada, cos'è che posso prendere che mi sia di aiuto nel controllare di più la lingua? Ci sono certe cose da evitare, come per esempio, lo zucchero?"
Prabhupada disse: "Il metodo per controllare la lingua è cantare e pregare".
"Beh" disse il devoto, "sto cantando e pregando, ciononostante ho delle difficoltà".
Prabhupada, seduto, si spinse indietro e rise. "Si", disse, "Lo so. Anche io ho una lingua. Può essere difficile, ma per quanto è possibile cerca di mangiare in modo semplice".
Srila Prabhupada descrisse allora come durante la Seconda Guerra Mondiale ci fu un bombardamento su Calcutta, proprio quando Prabhupada stava per onorare prasadam. Alcuni amici vennero correndo alla casa per avvisarlo. "Abhay caran, vieni, presto. La sirena dell'attacco aereo sta per smettere. Le bombe stanno arrivando". Prabhupada rispose che non poteva andare perchè sua moglie aveva appena preparato dei kacauris. Ordinò ai suoi amici, "Andate al rifugio. Io rimango qui". Offrì i kacauris, li mangiò e cantò Hare Krishna.

Fu solo dopo due anni che dirigeva l'ISKCON in America che Srila Prabhupada acconsentì che gli rivolgessero l'appropriato titolo di Prabhupada invece di Swamiji. Nel 1960, nel suo primo volume dello Srimad Bhagavatam, aveva scritto in una spiegazione: "I puri devoti, la cui sola preoccupazione è servire il Signore sono onorati col nome di Prabhupada e Visnupada, indicando così che rappresentano i piedi di loto del Signore". (Bhag.11.15). Tuttavia, sebbene il titolo Swamiji fosse comune e non molto rispettoso, era l'unico modo che i suoi discepoli e simpatizzanti conoscevano e vi erano molto affezionati. Gli facevano domande e gli rivolgevano preghiere con quel nome, e indirizzavano tutte le loro lettere, "Caro Swamiji". Perciò fu come uno shock quando il nome cambiò. Un devoto, al sentire il nuovo nome dal segretario di Srila Prabhupada, non poteva accettarlo e voleva chiedere personalmente spiegazioni a Srila Prabhupada stesso. Il mattino seguente, durante la passeggiata, chiese, "Swamiji"?
"Si?" rispose Prabhupada.
"Ho sentito dire che preferisci essere chiamato Prabhupada".
Prabhupada si voltò di scatto, "Dove l'hai sentito? Chi te lo ha detto?" Prabhupada sembrava disturbato, e si fece silenzioso. Però dopo qualche momento parlò di nuovo. "In realtà, io non lo preferisco. Però è meglio così".